Università degli Studi di Roma Tor Vergata
OnDeNet - Rivista a cura dell'indirizzo multimediale della Scuola di Specializzazione in analisi e gestione della comunicazione
OndeNet

Cultura digitale

Le molecole della rete. Verso nuovi modelli di ricerca

di Gian Mario Quinto

Secondo quanto afferma in una recente intervista il Direttore ricerche di Sun Microsystems, John Gage, i prossimi orizzonti della tecnologia della rete potrebbero schiudere interessanti conseguenze epistemologiche. Il campo problematico non è certo nuovo: come si incrementa la potenza del Web e attraverso quali modelli?

La novità riguarderebbe un'inedita saldatura tra due dimensioni storicamente antagoniste: quella fisico-sperimentale e quella simbolico-linguistica.

Nel primo caso, i recenti modelli di ricerca, secondo Gage, potrebbero sviluppare a breve la possibilità di «manipolare singoli elettroni e singoli atomi per immagazzinare informazioni, per avere una memoria centinaia di migliaia di volte più "densa"». Nel secondo caso - situato in qualche modo all'estremità opposta nel mondo della ricerca - si tratta invece di seguire con estrema attenzione la codifica di sistemi simbolici progressivamente più raffinati: linguaggi di programmazione, virtualizzazione della memoria e della comunicazione informatica, innovative integrazioni e gestioni del software.

Il prossimo futuro potrebbe dunque permettere una sorta di seconda «nuova alleanza» (per usare una vecchia metafora di Prigogine) tra paradigmi scientifici e modelli linguistici. L'esito dovrebbe essere l'instaurazione di dispositivi operanti a livello, per così dire, 'atomico' dell'informazione.

L'utopia sottesa resta infatti quella di raggiungere un'Internet sostanzialmente ubiqua. In questo senso secondo Gage diventa decisivo lo sviluppo della tecnologia Wireless che già oggi consentirebbe un superamento dei collegamenti esistenti (cavi di rame costati, come noto, miliardi di dollari) e che potrebbe rappresentare nel prossimo futuro uno slargo informatico dalla capienza illimitata (ricordo che in un sistema Wireless la trasmissione avviene sostanzialmente in RF o IR, radiofrequenza o infrarosso). Ma l'autentica novità è individuabile secondo Gage in una diversa, probabilmente rivoluzionaria, gestione della luce come veicolo di informazioni: «Non solo possiamo immettere la luce in un cavo a fibre ottiche preesistente - sostiene Gage - ma possiamo anche inviare la luce come luce». Avvolgere luminosamente il lato di un edificio, modulare questa luce con terabytes di informazioni al secondo, e riottenere attraverso la finestra le informazioni destinate.

L'estrema scomposizione dell'informazione prospettata da queste nuove ipotesi sembra addirittura concretizzare la profezia di Pierre Lévy - tra i più autorevoli teorici della svolta epocale rappresentata dai new media - che già in un testo del 1994 (L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio, Milano 2002) distillava la sostanza dell'informazione digitale post-mediatica dalla sua «molecolarità», cioè dalla tendenza ad un controllo assoluto dei «micromessaggi» da cui è intessuta. L'effetto potrebbe essere persino di tipo antropologico: «Nella cellula il segnale è di tipo chimico - spiega Gage - e la forma di una molecola che interagisce con la forma di un'altra molecola è un meccanismo di segnalazione. Nel momento in cui cominciamo a comprendere queste comunicazioni di forme molecolari su scala infinitesimale modificheremo la nostra capacità di verificare, comprendere e magari plasmare quello che avviene nel nostro corpo». In questo senso, se le future «molecole» comunicative saranno costituite dai fotoni, aprendo alla ‘luce in sé' come nuovo medium, non è impossibile ipotizzare che l'attuale dicotomia tra derealizzazione dei messaggi ed estrema pervasività degli stessi potrebbe presto spingere a riconsiderare su nuove basi il rapporto stesso tra signum e inferenza, o meglio: tra fenomeno ed interpretazione.