Università degli Studi di Roma Tor Vergata
OnDeNet - Rivista a cura dell'indirizzo multimediale della Scuola di Specializzazione in analisi e gestione della comunicazione
OndeNet

Cultura digitale

Netstrike. La rete in sciopero

di Marco Boccia

Molti ricorderanno il film "War games" (USA 1983, regista John Badham) con un giovanissimo Matthew Broderick nei panni di uno sfrontato diciassettenne asso dell'informatica, abile ad infiltrarsi indisturbato nel cervellone centrale del Pentagono e a mandarlo in tilt dopo una febbrile schermaglia virtuale. Chissà se nel 1995, con la medesima sfrontatezza, ma certamente con qualche motivazione in più rispetto ad un indisciplinato adolescente di Mamma America subito richiamato all'ordine, indocilito, messo a posto e reintegrato, Tommaso Tozzi dell'associazione culturale stranonetwork si ispirò a quel mediocre filmetto proponendo per la prima volta di fare la guerra ai grandi del mondo e della rete. Si sa, i tempi cambiano e le forme di protesta si adeguano ai cambiamenti della società. L'Occidente della globalizzazione e di Internet non partorisce più impavidi guerriglieri boschivi (semmai gliene scappa qualcuno urbano), né infervorati e indomiti compañeros itineranti con tanto di moschetto. Tommaso Tozzi, figlio indisciplinato dell'Occidente, nel lontano 1995 si inventa una nuova forma di lotta. Senza spargimenti di sangue. Il netstrike. Allora si trattò di boicottare tramite la rete telematica dieci siti "strategici" francesi per protestare contro gli esperimenti nucleari a Mururoa. Dopodichè si aprì una nuova stagione del ribellismo anarchico: quella dei cortei on line. Comodamente, da casa.
Ovvero: come dei piccoli lillipuziani riuscirono ad imprigionare il gigante Gulliver.

Un click vi seppellirà

La storia recente ha insegnato che il sangue non fa più tanta presa sulle coscienze. Principalmente su quelle di chi ha in mano le sorti del mondo e che detenendo il monopolio dell'informazione lo cela ai più o lo propone quando è innocuo e anzi può far comodo. In seconda battuta su quelle di chi è irrimediabilmente bersagliato da messaggi troppo spesso pilotati "dall'alto".
E allora come far sì che i colpi "dal basso" arrivino dritti nello stomaco dei grandi banchettatori del mondo? Il popolo dei navigatori capisce in breve tempo, dopo il parziale fallimento del piquete virtual (picchetto virtuale) per Mururoa (quando erano pochi e poco organizzati), che congestionare siti web non è un'arma indifferente.
Il netstrike, corteo telematico, ovvero manifestazione di massa di dissenso civile diventa una pratica diffusa di mobilitazione in Rete. Ne sanno qualcosa il server della Casa Bianca impallato per manifestare solidarietà a Silvia Baraldini e premere per il suo rimpatrio, o più recentemente il sito della Siae accusata di ostacolare la libera circolazione delle opinioni forte della legge sul diritto d'autore.

Nella fattispecie il sit in pacifico, forma di mobilitazione elettronica aperta a chiunque avesse intenzione di manifestare il proprio dissenso ogniqualvolta siano calpestati i diritti umani (avendo la possibilità inedita di direzionare i propri strali ovunque nel mondo e in tempo reale), consiste nell'invitare una massa considerevole di utenti possessori di accessi Internet e browsers a "puntare" il mirino dei propri modem verso una specifica pagina ad una precisa ora e ripetutamente (si spara cliccando su "Aggiorna", "Refresh"), in maniera tale da "occupare" un sito web fino a renderlo inutilizzabile almeno per la durata della mobilitazione.
Un'intasamento di "banda" simile all'occupazione di una strada operata da un corteo di dimostranti. Come qui il traffico impazzisce fino a paralizzare l'intera città, lì il traffico digitale viene rallentato o addirittura bloccato (cosa non certo gradita ai gestori del server continuamente bersagliato e sovraccaricato di richieste d'accesso).
La riuscita del picchetto virtuale è data non solo dall'incidenza tecnica del concentrare l'attenzione sul locale motore di ricerca per impegnare le risorse della macchina e renderla inutilizzabile, ovvero dal reale danno telematico arrecato ad un indirizzo web impossibilitato a fungere da servizio, ma anche dall'eco propagata verso gli altri media e dall'impatto sull'opinione pubblica.

Sul filo della legalità

Gulliver, sebbene impacciato dinnanzi alla coriacea opposizione dei disobbedienti della rete, non sta però a guardare. Anzi corre ai ripari appellandosi alla legge 547 "sulla criminalità informatica" che punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi usa il mezzo telematico in modo fraudolento nonché in cooperazione con la polizia postale. La legislazione ritiene reato tutto ciò che si pone come ostacolo e impedimento della comunicazione. Ma il cavallo di battaglia dei netstriker sembra inattaccabile: come distinguere il semplice e pacato navigatore dall'accanito sabotatore?
Eppure le difficoltà incontrate nell'urticare la pelle del gigante aumentano con il proliferare di siti civetta, ovvero appositi filtri commissionati dalle compagnie colpite dagli scioperi telematici in grado di impedire i flussi massicci dell'utenza. Ma dal momento che il discrimine tra legalità e illegalità sembra ancora avvolto da una nebulosa non rimane che chattare insieme: "Sabotatori di tutto il mondo unitevi!".

Per saperne di più: www.netstrike.it